Niente ci è stato raccontato così male come la guerra dei Balcani. Chi di noi ne conosce davvero origini, sviluppi e fine? Sempre che possa dirsi in tutto e per tutto finita. Ce lo spiega con semplicità, precisione e documentazione inMaschere per un massacro (ed. Feltrinelli) Paolo Rumiz (viaggiatore e giornalista triestino, grande conoscitore di Est e Balcani, collaboratore di Repubblica). Cosa dice Rumiz? Che la guerra fu un’operazione architettata a tavolino, per mantenere il potere nelle mani di una casta vecchia (e nuova), un percorso studiato da dopo la morte di Tito. Di sicuro quella guerra ha lasciato migliaia di morti.
E per la follia dell’odio etnico, migliaia di persone furono (e in parte sono ancora) costrette ad abbandonare case e paesi per fuggire. Rifugiati, si chiamano. Alcuni si sono spinti in Europa, altri nelle regioni limitrofe. Infine, in moltissimi hanno voluto tornare a casa. Ma che fare? Niente era più come prima. Una volta che hai salvato la vita, che fare per vivere?
Le donne, gli uomini ed i giovani che si sono riuniti nella cooperativa Insieme hanno provato a cercare e sperimentare una risposta. E’ nata nel maggio 2003 a Bratunac, piccola località vicino a Srebrenica, luogo tristemente noto per il massacro etnico dei musulmani di Bosnia, sul confine tra Serbia e Bosnia Erzegovina. Le famiglie più deboli (vedove, madri capofamiglia, famiglie disoccupate, famiglie con più di tre figli) si sono riunite e si sono dedicate alla raccolta di frutti rossi, una attività tradizionale nella zona.
Il progetto, chiamato Lamponi per la pace, è stato sostenuto da organizzazioni italiane (la Ong ACS di Padova, Associazione per la Pace, Agronomi senza Frontiere) e locali (Forum delle donne).
Ora esiste un edificio dove conservare alle giuste temperature i lamponi e altri frutti di bosco (more e mirtilli), che è anche sede della cooperativa. Hanno acquistato anche attrezzature per la produzione di succhi e confetture, grazie ad un prestito decennale di Banca Etica. I beneficiari diretti della cooperativa sono 500 famiglie socie (circa 1500 persone), 18 dipendenti fissi e 30 temporanei ed anche 200 raccoglitori. Bei numeri, considerato che queste persone lavorano e sono pagate secondo i criteri del commercio equo: salario dignitoso e continuità nel lavoro.
La cosa molto importante è che persone di diverse culture (etnie) lavorano insieme senza conflitti e anzi con mutua solidarietà. La pace ed un futuro di rispetto e convivenza sono qui possibili.
La produzione avviene esclusivamente da frutta fresca cresciuta spontaneamente, raccolta a mano e successivamente congelata. Tutto ha la certificazione biologica. La raccolta di frutti avviene nelle estese foreste sui monti Radan, Cvrsnica e Vranica, a sud-ovest di Novi Travnik (circa 4 ore di auto da Bratunac). La cooperativa cura il trasporto dei raccoglitori, che seguono precise regole affinchè i frutti si mantengano integri. Appena raccolti vengono trasportati in un primo locale refrigerato e successivamente congelati presso la sede, dove vengono lavorati e diventano confettura o succo.
4 novembre 2014 | Scritto da: bottegadellasolidarieta | Tag: